lunedì 22 agosto 2011

Waxing the fish

L'esperienza alla spa del Naivasha Simba Lodge è stata particolare.
Paricolare non è la parola giusta, ma non riesco a trovare niente altro. Forse alla fine del post, dopo averla descritta, mi verrà la parola migliore.

Non sono mai stata in una spa, ma in fondo non volevo fare niente di particolare, tipo massaggio con le pietre calde o maschera al caviale.

Volevo semplicemente una ceretta ed ho pensato che una spa di un lodge abituato a ricevere turisti poteva dare maggiori garanzie rispetto ad un'anonima estetista di non so dove a Nairobi.

Quindi fiduciosa sono passata dalla spa per prenotare e mi hanno detto di telefonare per prendere appuntamento.

Wow, che professionalità.

Allora sono tornata in camera ed ho chiamato il numero della spa.
E non c'era posto per tutto il pomeriggio.

Wow, richiestissima, deve essere proprio buona
, ho pensato.

Quindi ho prenotato per il giorno successivo una ceretta praticamente completa (visto che ci siamo , facciamole bene le cose, no?).
Quanto ci vorrà? ho chiesto prenotando.
Un'oretta circa.
Buono, anche come tempi sembrava adattarsi agli standard da muzungu.

E arriva l'ora dell'appuntamento; mi accoglie una ragazza con limetta da unghie in mano e sorriso smagliate. Le spiego un po' quello che volevo e decidiamo di inziare dalle gambe. Mi accomodo sul lettino ricoperto di asciugamani color pesca con il logo del lodge, lei accende una specie di lampione che illumina impietoso lo stato delle mie gambe e va a prendere qualcosa.

Torna con una specie di zupperina ovale di vetro, di quelle che si usano per le salsine al ristorante, piena di cera color salsa rosa...ed un coltello da pesce.

E comincia a spalmarmi sulla gamba la salsa rosa che nel frattempo si stava già solidificando, quindi il lavoro somigliava più a quello del muratore che intonaca con la cazzuola che quello di un'estetista che fa la ceretta.
Il tutto condito da una ragnatela di salsa rosa che si andava tessendo tra la zuppiera di vetro, gli asciugamani color pesca, le mani della tipa e le mie gambe.
Lì ho notato che, nonostante la limetta da unghie, le sue mani non erano poi così così manicurate.
Ho fatto due più due e sono giunta alla conclusione che le mie conclusioni del giorno precedente dovevano essere proprio sbagliate.
E ho deciso che avrei permesso a quella tipa dalle unghie tenute peggio delle mie di farmi la ceretta solo per mezza gamba, e mi è dispiaciuto dover fare le cose simmetriche e sacrificare anche la seconda mezza gamba.

Ma la scena era appena iniziata ed il peggio doveva ancora venire.

Non sto a spiegare l'anatomia pilifera della mie gambe, ma penso che sulla pelle dei visi pallidi sia particolarmente facile vedere se c'è bisogno della ceretta oppure no. Nonostante il faro (bilanciato per altro da una finestrella stile carcere ad altezza watussi ed in più con una bella tenda spessa), la tipa sembrava assolutamente incapace di vedere dov'era già passata con la salsa rosa e il coltello da pesce. A peggiorare la sua posizione va detto che prima di passare con la salsa rosa, infarinava il tutto con circa un chilo di borotalco (che poteva anche essere farina, vista la totale assenza di profumo...), quindi le zone non fatte diventavano particolarmente visibili.

Dopo aver indicato inutilmente le zone incriminate per almeno cinque minuti e seriamente impietosita per lo stato in cui ormai versava la povera tipa, ho chiesto timidamente se mi dava il controllo della situazione e mi sono ritrovata sul lettino ricoperto da soffici e appiccicosi asciugamani color pesca a farmi la ceretta come a casa con la tipa che mi chiedeva consigli su che cera usare e come le cerette venissero fatte in Europa (Europa detto con lo stesso tono di luna, più o meno).

Sono uscita dopo tre quarti d'ora, non sono sicura di potermi mettere una gonna al ginocchio e con il rimpianto di non averle suggerito di sostituire il coltello da pesce con uno da burro che credo sarebbe stato più accettabile, almeno visivamente.

domenica 21 agosto 2011

Safari

Fino a che non ho fatto il corso di swahili all’università, taaanto tempo fa, credevo che safari fosse quella cosa da depliant turistici, un tempo da fare con i fucili per far tornare a casa i turisti soddisfatti con un trofeo, poi con macchine fotografiche dagli obiettivi che ricordavano i fucili e con trofei meno complicati da conservare.
Andiamo a fare un safari. Ohh, immediatamente mi venivano in mente jeepponi, cappelli coloniali e tenute kaki, campi tendati e cose simili.

La nostra tata è andata a fare un safari.

Per tornare a casa dalle sue bambine, su un torpedone scassato che ricorda una gigantesca lattina colorata, affollato, e che ci mette circa 24 ore per fare tre, quattrocento chilometri. E dorme in torpedone, la tata, non nel campo tendato con il falò e l’antilope ad arrostirsi sopra.
Safari in swahili vuol dire semplicemente viaggio.
L’unica altra parola di swahili che ricordo dal corso all’università è jambo (non jumbo, quello è un aereo) che è il saluto quando si incontra qualcuno.

Anche noi siamo andati a fare un viaggio, non in torpedone ma in fioristrada che è più comodo e senza campi tendati ma lodges, anche quelli più comodi, sia del torpedone che dei campi tendati.

La prima tappa del nostro safari è stato il lago Nakuru, il lago dei fenicotteri, lungo la Rift Valley a nord-ovest di Nairobi.
Per fare prima, perché ancora non abbiamo le idee chiare su cosa abbiamo intorno, perché Felix era in Somalia al momento di prenotare, perché stiamo invecchiando e diventando pigri, perché…non so perché, ci siamo rivolti ad un’agenzia di viaggi ( Sunworld Safari, ottimo servizio, non a caso hanno qualche derivazione teutonica...) che ci ha prenotato due notti in lodges per ciascuna tappa.

Al lago Nakuru il lodge era il Sarova Lion Hill che già il nome rende l’idea, no? Superservizio, superbuffet, spettacoli ad uso turistico ogni sera, zanzariera scenica anche se non ce n’era bisogno (è inverno, è su un altopiano…), in più si trova all’interno del parco e ci si deve muovere in fioristrada per dare la caccia agli animali.

Noi non abbiamo una macchina fotografica con obiettivo-fucile, ma comunque di tutto rispetto (se le foto vengono male è colpa nostra, insomma…); peccato che non troviamo più il caricabatteria (speriamo sia nel container; lo scopriremo giovedì quando arriva) e che la batteria abbia deciso di terminare l’onorato servizio il primo giorno di safari!
Ad ogni modo, abbiamo avuto due giorni con sole e pioggia, agli estremi come abbiamo imparato può succedere spesso e volentieri qui in Kenya, abbiamo girato tutto il parco, circumfioristradato il lago, visti tutti gli animali che elencava la guida, rinoceronti bianco e nero, giraffe, babbuini, waterbucks, waterbuffaloes e naturalmente fenicotteri, ma non il climbing lion che rimane per la prossima puntata.

Ci siamo anche fatti riconoscere immediatamente al primo pasto quando Filippo si è quasi strozzato con un pezzettino di mela ed il suo salvataggio (del pezzettino di mela) è diventato un’esperienza di gruppo dell’intera sala da pranzo ed ha talmente impressionato sia ospiti che personale che chiunque ci incontrasse dopo chiedeva sta meglio il piccolo?

Il piccolo, passato lo spavento iniziale, ha ricominciato a mangiare come un bufalo, in quantità e qualità, anzi no, forse il bufalo mangia meglio…

Ultima nota sul Sarova Lion Hill; la porta del bagno, in camera, ha una specie di griglia fatta come una persiana, nella parte bassa. Ovviamente non ci si vede attraverso proprio perché è fatta a persiana ed è in basso. Ma non abbastanza in basso per uno gnomo dell’altezza di Filippo che regolarmente, quando qualcuno era in bagno, si affacciava alla persiana e cominciava a salutare come fa in questo periodo Hi, hi

Divertentissimo, specialmente per chi era in bagno.

La seconda tappa della nostra prima vacanza familiare in Kenya è stato il lago Naivasha, a metà strada tra Nakuru e Nairobi. E qui, visto che non c’è un parco intorno e soprattutto è disponibile un servizio di babysitting, abbiamo optato per il relax completo, rimanendo nel lodge tutto il tempo.
Il lodge in questione è il Naivasha Simba Lodge, una meraviglia di relax con piscina, playground e babysitter appunto, spa (non eccezionale devo dire), ma soprattutto vista animali.
Il balcone dà (nel senso che Filippo riesce a scappare dalle inferriate!) su un pratone pieno di acace dove pascolano liberamente antilopi e waterbucks e, oltre una recinzione che quasi non si nota, galoppano zebre e giraffe fino alle sponde del lago Naivasha dove tra i papiri nuotano gli ippopotami e svolazzano pellicani e varie altre specie alate.

A proposito di Ippopotami; Sveva continua ad andare in giro dicendo a tutti this is Pippo Hippo, indicando Filippo, ma nessuno coglie il gioco di parole e sorridono tutti per gentilezza guardando il biondo gnomo e chiedendosi cosa abbia a che fare con gli ippopotami…

Sveva ha trovato due amichette qui; Nathalie, della camera accanto, i cui genitori ci hanno presi per tate e senza neanche presentarsi o meno che mai ringraziarci, ci hanno mollato la loro pargoletta senza apparenti problemi di coscienza (scuola di pensiero hakuna matata, direi) e Purity, che ci è voluto un quarto d’ora solo per capire il nome.
La cosa bella è che Sveva, con un vocabolario inglese di massimo quindici parole, riesce già a dirigere tutto e parlare in continuo….Radio Sveva English Edition!

A proposito di lingue, tra una settimana inizieremo ufficialmente con il tedesco; il 29 agosto sarà il primo giorno di scuola per Sveva….

Bene, domani finisce il nostro safari e si ricomincia con la vita di Nairobi (nairobina? nairobense?). Inizieremo subito martedì a metterci le mani nei capelli quando scopriremo che i lavori al castello, che ci hanno giurato sarebbero stati terminati venerdì scorso, non sono stati neanche iniziati e di conseguenza la tabella di marcia non sarà rispettata e alla fine della settimana, quando dovremo andare via dalla casa di Lakeview, dovremo farci un’endovena di hakuna matata per evitare di commettere qualche reato penalmente perseguibile.

lunedì 15 agosto 2011

Slashguu

La sera Sveva ci augura la buonanotte in tedesco (da sempre, non da ora che parliamo di scuola tedesca...), a modo suo, dicendoci qualcosa che suona come slashguu appunto e che in tedesco sarebbe invece schlaf gut.

Ormai non la correggiamo nenache più perché è troppo carino come lo dice. Speriamo solo non lo dica alla direttrice della scuola tedesca la prossima volta che la vede, dimostrando così in una volta sola che non capisce e non dice nemmeno cose elementari.

L'impatto con la scuola tedesca è stato buono, nel senso che a me ha fatto un'ottima impressione, ma ho la sensazione che alla direttrice del kindergarten, possiamo non aver fatto un'altrettanto buona impressione.

Prima di tutto l'ho importunata via email quando eravamo ancora in Italia e lei era in vacanza, ma mi avevano messo il terrore di non trovare posto in nessuna scuola, anche se questo non è in effetti un buon motivo per fare stalking.  
Comunque lei mi rispondeva solo quando era necessario e pensavo di aver trovato un equilibrio, nel senso che io sapevo che lei leggeva i miei messaggi e lei sapeva che non avevano necessariamente bisogno di una risposta, ma bastava cliccare su invia ricevuta di lettura e la mamma italiana ansiogena si sarebbe tranquillizzata fino al prossimo messaggio.

Ma la consapevolezza di stare facendo il primo errore l'ho avuta quando, lunedì scorso, giorno di rientro dalle ferie per la direttrice, mi sono presentata con Sveva alla scuola, senza appuntamento.
E infatti la prima domanda della direttrice, prima ancora di porgermi la mano e darmi il buongiorno è stata avevamo appuntamento? accompagnata da uno sguardo di ghiaccio e posta ovviamente in tedesco.
Mi sono impappinata all'istante non sapendo se era meglio pregarla di passare all'inglese, peggiorando così notevolmente la mia situazione, o cercare di spiegare in tedesco che no, non avevamo appuntamento.
Ho scelto di peggiorare la mia situazione e lo sguardo è diventato ancora più di ghiaccio.

Durante la conversazione comunque il ghiaccio si è sciolto (un pochino) e mi è sembrato che le cose diventassero più distese, anche se ogni tanto la direttrice si distraeva e passava casualmente al tedesco e io dovevo ri-pregarla di tornare all'inglese.

Alla fine mi ha salutata dicendomi che avrebbe avuto una settimana di riunioni con gli insegnanti in cui avrebbero deciso in quale data Sveva avrebbe potuto iniziare ad andare a scuola (la scuola inizia il 22, ma i nuvi inserimenti sono ovviamente scaglionati), visto anche che necessiterà di un'attenzione particolare.
Quello che io avevo capito era che, non sentendo niente da parte sua per la fine della settimana (scorsa) avrei dovuto chiamarla per sapere appunto i risultati di queste frenetiche consultazioni.

Oggi è il 15 agosto, ferragosto, notoriamente festivo.

Notoriamente da noi, visto che qui è tutto aperto TRANNE la delegazione che ,come è ormai chiaramente nel suo stile, non fa nessuno sforzo per adeguarsi ai costumi locali. Ad ogni modo il risultato di questa cosa è che Felix ha scoperto di essere in vacanza e pensavamo che poteva essere una buona occasione per passare dalla scuola tedesca e far vedere che qualcuno in famiglia parla davvero tedesco.
Però non volevo ripetere l'errore e presentarmi senza appuntamento, quindi ho chiamato la direttrice anche perché la settimana di consultazioni è passata e ritenevo chiaro che si fosse dimenticata di chiamarmi.

Errore.
Senza nemmeno chiedermi come stavo, mi ha subito bloccata dicendo che ancora le consultazioni non erano finite e che si ricordava bene che avrebbe dovuto chiamarmi, ma che lo avrebbe fatto appunto a tempo debito.
Per quanto riguardava la mia richiesta di passare con Felix a visitare la scuola, non se ne parlava proprio; il primo appuntamento disponibile era, forse, la prossima settimana e solo alle una di pomeriggio.
Insomma, coma diavolo mi permettevo di chiedere un appuntamento con qualche ora di anticipo?

Praticamente il risultato è stato lo stesso che presentarmi senza appuntamento.

Ah, altra chicca, mentre digitavo il numero della direttrice mi sentivo come ad un esame, come se stessi telefonando al mio supercapo o a qualcuno di molto importante....è la direttrice dell'asilo di Sveva e io mi sento lo stomaco sottosopra al pensiero di chiamarla?
C'è decisamente qualcosa di sbagliato!

Ad ogni modo un errore l'ha fatto anche lei alla fine della giornata: mi ha chiamata sbagliando palesemente numero di telefono e chiamandomi Sylvie.

L'ho sentita un po' più umana...


giovedì 11 agosto 2011

It's raining avocados

Nel giardino della casa di Lakeview abbiamo un gigantesco albero di avocado. 
Talmente gigantesco che non l'avevo neanche riconosciuto. 
Di notte ogni tanto venivamo svegliati da rumori secchi di qualcosa che cade dall'alto e non capivamo bene, ma ci riaddormentavamo tranquilli sapendo che la guardia all'entrata avrebbe fatto il proprio dovere, aiutata anche dal cane che le viene affiancato tutte le notti e che comunque siamo sbarrati in casa, con tanto di bottoni rossi per l'allarme, in un compound supersicuro e che anche se alla fine entrano in casa, hanno ben poco da rubare.
A proposito, i bottoni rossi sono già stati testati due volte; una per figlio. 
Oggi è toccato a Sveva che l'ha schiacciato nonostante le avessi detto di stare attenta e quando le ho chiesto se lo avesse fatto mi ha risposto no con la faccia tosta che sta sviluppando a rapidità soprendente qui in Kenya. 
Con la stessa faccia tosta ha risposto nou, come dice lei in inglese, al tipo della sicurezza accorso con la jeep a manetta e bardato di tutto punto, quando lui si è presentato alla porta chiedendo se avessimo suonato l'allarme. Era stato ovviamnete istruito in due secondi da me, prima che Sveva arrivasse alla porta, in modo che le mettesse un po' paura, ma non mi aspettavo che arrivasse addirittura ad agitare il manganello minacciandola di picchiarla la prossima volta. Ho pensato che ci andasse giù pesante, ma Sveva sembra non essersi lasciata impressionare, forse perchè il tipo brandiva il manganello e ridacchiava sotto i baffi...
Ad ogni modo, tornando ai rumori notturni, non avevamo collegato immediatamente che i tonfi che sentivamo erano in realtà avocados che venivano giù a tutta velocità. Solo quando la tata ha cominciato a raccoglierli e portarceli, abbiamo capito.
Adesso ho la cucina piena di avocados e non so che farci a parte metterne un po' nell'insalata e farne guacamole.
Comunque sono molto buoni e addirittura Sveva ha cominciato a mangiarli, mentre Filippo urla quando li mangiamo che sembra siano l'unico alimento rimasto sulla terra e poi li sputa e non è un bel vedere.
Filippo sta diventando davvero un selvaggio. Sarà forse che mangiando sempre con accanto una tata che mangia l'ugali che si mangia con le mani non ha proprio l'esempio migliore, sarà che possiede una naturale inclinazione a fare schifezze, comunque ormai mangia così male che sto per gettare la spugna. Tra un po' gli metto la ciotola accanto a quella del cane da guardia e vediamo cosa succede...probabilmente gli ruberà la pappa. Filippo al cane, intendo.
Però usa il cucchiaio. In maniera un po' personale, ma lo usa, mentre ha completamente smesso di usare la forchetta tanté che anche la tata a forza di sentirlo, ha imparato a dire mangia con la forchetta in italiano.
La tata è impressionante, davvero, tra poco parla italiano!
Filippo invece entra nelle stanze e con un sorriso dice hi e poi guarda la mamma un attimo, si gira verso la tata e corre verso di lei a braccia aperte, sicuro che lei lo prenderà in braccio.
E tutta la fatica che abbiamo fatto per non fargli prendere l'abitudine al passeggino e tutto l'orgoglio per il fatto che camminasse senza fare le storie che fanno un sacco di bambini che non vogliono camminare, sono andati a farsi benedire in un attimo.
So di essere un po' severa, ma vi giuro che il confronto con la tata mi sta facendo sembrare la matrigna di Biancaneve.
E' vero che la presenza della tata mi permette di fare tante cose per me, ma credo che l'educazione dei miei figli ne risentirà pesantemente.
Oggi sono passata dal castello, giusto per sapere a che punto stavano i lavori e devo dire che mi aspettavo qualcosina di più. Quando avevano detto che tale e tale intervento sarebbero stati fatti entro la tale data, intendevano non entro ma proprio quel giorno. Io quando dico entro intendo che cerco di farlo prima e se proprio le cose vanno male, quella è la data ultima da non oltrepassare. Loro invece iniziano a fare il lavoro il giorno che indicano come finale. La fine del lavoro invece è scritta nel libro del destino, hakuna matata.
Comuque, per poter entrare nel castello il giorno che dobbiamo uscire dalla casa di Lakeview, è necessario seguire una tabella di marcia serrata che se anche solo una cosa sgarra, salta tutto. E questo ovvimente non fa bene al mio stresseuropeismo.
Con molta gentilezza (giuro!) ho chiesto al compare di Mama Africa (lei non mi rivolge più la parola) se posso chiamarlo anche tutti i giorni e andare a verificare che i lavori vengano fatti e lui, gentilissimo, mi ha risposto che posso chiamare e andare dove voglio. 
Io posso chiamare, ma immagino che lui sia anche libero di non rispondere.
Ma non voglio essere la solita malfidata; vediamo se questa è la volta buona!

Ultima nota: ho trovato il mercato ortofrutticolo. 
Una baraccolpoli di banchetti ammonticchiati uno accanto all'altro, stracolmi di frutta e verdura di tutti i generi, che ti fanno assaggiare appena ti ci cade lo sguardo anche inconsapevole, con bucce di tutto buttate per terra e macachi che rubacchiano da un banchetto all'altro. I prezzi delle cose non hanno nessun confronto con i supermercati o Zucchini, ma soprattutto il loro sapore è impagabile. E poi dà proprio l'impressione di comprare direttamente dal produttore, o almeno dal primo intermediario...
E' facilissimo da raggiungere, subito dopo l'Aga Khan, quindi ormai ci vado ad occhi chiusi.
Penso che ci andrò circa una volta a settimana (da Runda sarà un po' più lontano).
Insomma, non sarà come un gruppo d'acquisto, ma penso che sia la cosa che ci va più vicino.
E a questo punto credo che, non avendo ancora trovato un posto fidato dove rifornirsi da proteine animali, abbiamo tantissime chances di diventare vegetariani....intanto inziamo con gli avocados, và!

mercoledì 10 agosto 2011

Babilonia

La buona notizia è che la scuola tedesca prende sia Sveva che Filippo in un colpo solo (e oltretutto Filippo scala velocemente la lista d'attesa perché c'è Sveva a scuola). Tra una settimana circa ci faranno sapere quando ci sarà l'inserimento, ma probabilmente ad inizio settembre Sveva potrà già cominciare e Filippo al massimo ad inizio ottobre.

La cattiva notizia è che per accedere alle elementari Sveva deve avere un livello soddisfacente di tedesco e non è detto che tra un anno lo avrà (deve passare addirittura un esame a maggio!), quindi c'è il rischio che debba fare ancora due anni di asilo ed entrare alle elementari a sette anni. Il che ha i suoi vantaggi, sicuramente (può giocare un anno di più), ma anche i suoi svantaggi (sarà sempre la più grande della sua classe e per quel che mi ricordo non è la cosa più divertente, a parte quando tutti dipendono da te perchè sei l'unico in classe ad avere la patente!).

Comunque abbiamo imparato a non farci troppi programmi perché le cose possono cambiare di continuo, quindi teniamo presente che dopo rientrerà nella scuola europea e non in quella italiana e che magari sono più preparati a fronteggiare situazioni diverse come questa qua e forse le cose si riaggiustrano da sole (sto cominciando a pensarla hakunamatatamente!).

La scuola mi ha fatto un'ottima impressione e la persona con cui ho parlato anche e questo fa davvero tanto e sono contenta anche per Filippo perché l'asilo alternativo che avevo trovato non mi aveva proprio convinto (diciamo che è difficile fare confronti con il Melaverde, ma la scuola tedesca ci si mette d'impegno....).

Ad ogni modo la scuola non è, come credevo, metà in tedesco e metà in inglese; è completamente in tedesco e questo complica un pochino le nostre comunicazioni.

Adesso che Sveva sta cominciando a parlare in inglese (devo dire che mi stupisce, a volte la sento dire delle frasi complete e corrette e mi domando come abbia fatto ad imparare), deve ricominciare con il tedesco di cui si ricorda pochino ovvimente, avendolo lasciato da parte quasi due anni fa. Ma via via credo che le cose torneranno a galla.

Filippo invece sta cominciando a parlare, questa è la notizia del giorno.
Anzi no, la notizia del giorno è che sta cominciando a parlare in inlgese!
Quasi due anni che sente parlarci in italiano e dopo nemmeno due mesi di tate, adesso parla inglese.
Figuriamoci adesso che, secondo la direttrice della scuola tedesca con la quale ho parlato, dobbiamo rispettare uno schema rigoroso per cui io devo parlare sempre italiano, Felix tedesco e la tata inglese e non mescolare niente altrimenti i bambini non capiranno più niente...
Senza contare lo swahili ovviamente.

Svilupperemo un complicatissimo codice di comunicazione con i segni che capiremo solo noi e quando torneremo in Europa saremo completamente incapaci di comunicare con il mondo esterno....

lunedì 8 agosto 2011

Aga Khan card

Siamo stati un po' presi con il trasloco nella seconda casa temporanea, l'installamento/ installazione o come cavolo si dice che è consistito nel togliere di mezzo tutte le cose fragili che avrebbero fatto una bruttissima fine con l'arrivo di Filippo (anche se non è bastato....), ed una serie di piccole cosette, uscite, incontri che hanno preso più tempo del previsto.
Ma il tema ricorrente di questi giorni di silenzio stampa è stato l'Aga Khan, ospedale di Nairobi, al quale abbiamo già fatto in totale tre visite e domani saranno quattro.
Ma tutto è cominciato una settimana fa, quando abbiamo lasciato i bimbi con la tata nella nuova casa, tranquilli e sereni e ci siamo incamminati verso il solito centro commerciale. Nel mezzo della nostra bella spesa da Zucchini, con carrello già mezzo pieno, mi arriva un sms della tata che mi chiede di chiamarla. 
Mica deve essere grave, penso, altrimenti mi avrebbe chiamato.
Errore, la tata non aveva credito sul cellulare.
Prima lezione: pagare alla tata una ricarica e minacciarla se succede di nuovo che non può chiamare per un'emergenza. La minaccia pare abbia funzionato; adesso mi chiama per sapere se deve cuocere il riso che ho lasciato da parte, se può mettere a Filippo la felpa rossa invece della blu, etc..
Insomma, richiamo per scoprire che Filippo stava imbrattando la dispensa di sangue (proprio) dopo essere volato giù da una elegantissima sedia da bar della cucina che stava facendo dondolare come se fosse al playground ed essere atterrato appunto sul pavimento di cemento della dispensa. 
Di naso ovviamente.
Corsa a casa, circa venti minuti tra uscire dal parcheggio del centro commerciale gremito di sabato, avventurarsi per la strada che sulla carta sembrava la più veloce, ovviamente senza indicazioni stradale (qui quando si chiedono le indicazioni stradali, non sanno mai risponderti; sembra che i nomi delle strade li abbiano messi solo per noi wazungu), fare lo slalom tra i monticelli di sassolini che stanno usando per ripavimentarla, cercare di non lasciare il semiasse in qualche buca e non fare un frontale con un matatu.
All'arrivo ovviamente Filippo aveva smesso di piangere e sanguinare e non era chiaro quanto fosse stato grave il volo dalla sedia da bar.
La sedia in questione, così come le sue amiche, è stata immediatamente spostata in garage, la tata è scoppiata a piangere e si è rifiutata di mangiare e noi abbiamo passato qualche ora a capire se dovevamo preoccuparci di più per la tata o per Filippo.
Abbiamo scelto al tata perché Filippo era bello e sorridente e non dava segni particolari di scompenso.

Nel pomeriggio siamo tornati, tutti insieme, al centro commerciale dove dovevamo assoutamente fare delle foto ai bimbi per un'altra dozzina di documenti (Filippo è venuto particolarmente bene, nonostante il naso provato ed una serie di pinzature di non si sa cosa) e abbiamo parcheggiato bimbi e tata in un miniplaygound mentre finivamo di fare la spesa.
E nel bel mezzo della seconda spesa, ri-suona il telefono. Filippo deve essere cambiato e la tata era senza pannolino (colpa nostra, non ci avevamo pensato...). Quindi ri-lascia il secondo carrello mezzo pieno da Zucchini, vai al supermercato per comprare il pacco di pannolini e le salviette, vai a prendere Filippo al playground e cerca un bagno per cambiare il pannolino.
E nel bel mezzo del cambio pannolino, di quelli intensi, ri-suona il telefono. 
Sveva piange perchè non trova più Filippo.
Ve la potete immaginare la scena, no? Ecco, immaginatevi anche cosa possiamo avere detto...
Finito lo psicodramma, cambiato il pannolino e recuperate nel frattempo le foto dei bimbi, torno da Zucchini e cerco il secondo carrello lasciato a metà e, incredibile ma vero, ritrovo anche il primo carrello lasciato a metà la mattina. Insomma, mezzo carrello qua, mezzo là, finisco la spesa, con tanto di commessa che mi chiede come sta il bambino e torniamo finalmente a casa, sempre passando per la strada più veloce sulla carta, tra slalom di sassolini e matatu.
E la notte Filippo non dorme.
Che facciamo? Che non facciamo? Lo portiamo a far vedere? Da chi? Telefoniamo al pediatra in Italia per un consiglio? Ma ti pare, cosa vuoi che ci risponda? Andiamo all'ospedale? Ma mi sembra esagerato, in fondo respira. Sì, ma respira male, non lo senti? Ma no che non respira male, è solo raffreddato. Macché raffreddato, gli si è rotto il naso, sono sicura...
Insomma, dopo due giorni di consultazioni intrafamiliari e intra-amici e conoscenti, prendo macchina, bimbi e tata, cartina sulle ginocchia come al solito e parto alla volta dell'Aga Khan dove mi aspettava il pediatra raccomandato da tutti (che non so perché mi ero messa in testa fosse indiano) e ci avventuriamo per le strade di Nairobi per scoprire che a) l'ospedale non è poi così lontano come sembrava, b) lo studio del dottore è in un groviglio di studi di dottori, una stanzetta accanto all'altra, ma che è una stanzetta accogliente e c) il dottore in questione ci sa davvero fare con Filippo e soprattutto con la mamma ansiogena di Filippo.
Il responso è che il naso non è rotto, ma solo ostruito e che va pulito e bisogna avere pazienza che tutto si risolverà, hakuna matata.
Però il dottore in questione è più bravo di Mama Africa a dire hakuna matata e non ha scatenato la mia solita reazione stresseuropea.
Filippo ha cominciato a stare meglio, seguendo le indicazioni del dottore e contemporaneamente Felix ha sviluppato una sorta di allergia cutanea inspiegabile per cui si è resa necessaria una seconda visita all'Aga Khan, da una dermatologa però questa volta, che ha studiato in Austria, ma che preferiva non parlare in tedesco bensì, al limite, in spagnolo.
Il responso questa volta è stato che sì, era una reazione allergica, ma non si sa a cosa, quindi la dottoressa ha riempito Felix di medicine per tutte le evenienze (anche perché doveva partire per la Somalia) e l'ha salutato, vaya con dios e speriamo bene.
Abbiamo poi scoperto che un sacco di persone hanno avuto in questi giorni una cosa simile e ne abbiamo concluso che deve essere una specie di virus che circola e che se ne va dopo poco. 
Infatti dopo due giorni Felix stava meglio e stamattina è partito pimpante per la Somalia.
Pimpante si fa per dire, vista la corsa all'ospedale, Aga Khan ovviamente, di ieri sera.
Ieri sera, giorno di riposo della tata, abbiamo avuto la splendida idea di invitare i vicini di casa per un aperitivo. 
Vi immaginate Filippo davanti a tante ciotoline con macadamie, patatine, guacamole e tanti bicchieri con vino e birra?
I vicini, senza figli, credo che abbiano deciso ieri sera di non averne proprio.
Insomma, Filippo ha dato il meglio di sé e dopo essersi riempito la pancia (e il tappeto) di tutto quello che poteva, ha pensato bene di arrampicarsi su uno scalino e scivolare, battendo una testata sull'unico angolino sporgente di una specie di sedia rotonda in legno. 
Panico, sangue e corsa all'ospedale.
Tutto bene, meno grave di quello che sembrasse e soprattutto Filippo è rimasto affascinato dalla sala d'attesa del reparto pediatrico, dove ha finalmente potuto incontrare altri bambini e giocare (non ce la fa più senza asilo!).
Ci hanno dato un antibiotico per precauzione (qui ci vanno giù pesante con le medicine; quando ho chiesto in farmacia se avessero medicinali omeopatici, mi hanno chiesto prima per cosa e poi, dopo aver fatto l'esempio di una cosa per l'insonnia, mi hanno indirizzato verso una tisana alla camomilla....). 
L'antibiotico precauzionale è una roba disgustosa che oltre ad essere immangiabile e assolutamente non mascherabile in nessun cibo, va anche dato quattro volte al giorno, di cui una alle una di notte. 
Ovviamente ho messo la sveglia alle una di notte, ho torturato Filippo fino a che non ha ingurgitato l'antibiotico tra un sorso d'acqua, uno di succo ed un cucchiaino di zucchero, l'ho rimesso a dormire arrabbiatissimo e stanco e mi sono lasciata andare ad uno sfogo isterico pensando che avrei dovuto fare quella scena altre diciannove volte. 
Stamattina ho chiamato il pediatra non indiano per chiedergli cosa fare e per fortuna mi ha risposto di non dargli l'antibiotico e passare da lui domani pomeriggio per controllare la ferita.
Calcolando che mercoledì ho di nuovo appuntamento al reparto pediatrico per togliere le strisce adesive che hanno messo a Filippo, mi sono chiesta se l'Aga Khan non abbia una qualche sorta di tessera fedeltà, possibilmente familiare.....